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Ugo BORLENGHI è nato nel 1943
a Cadeo, in provincia di Piacenza,
ma risiede a Fiorenzuola d’Arda
dove ha il suo studio con spazio
espositivo. Dopo aver fatto
esperienza di fotografia, di pittura
e di poesia, senza averle mai
abbandonate del tutto, dal 1969
si dedica alla scultura. Risale al 1989 la sua adesione al
movimento artistico
dell’Iperavanguardia; nell’aprile 1992 pubblica il suo manifesto
sculturale e ne diventa il caposcuola; dal 1995 è socio fondatore
del Transvisionismo.
Il suo percorso artistico inizia dal figurativo; emerge in seguito
una particolare predilizione per il simbolo e la metafora
(maggiormente in sintonia con il suo carattere appartato e
riflessivo) che lo portano a ricercare al di là delle cose e nel
silenzio della materia, l’archetipo perduto, l’onphalos,
quella “forma” di contatto intuitivo capace di realizzare l’uomo
nel suo essere e non nel suo apparire; nascono le sculture
del ciclo “Forma-Idea” a cui seguone le “Forme della Terra”
e in fine le “Forme Silenti”, odierna tappa di una ricerca in fieri. Diverse sono le mostre (personali e collettive) a cui lo scultore
ha partecipato in Italia e all’estero; illustri critici d’arte si sono
interessati alla sua opera, citandolo in numerose pubblicazioni,
tra cui la più recente e prestigiosa è La storia di Piacenza,
vol. VI, tomo II, “Il Novecento”. Alcune sue sculture sono
state battute all’asta; ha collezionisti in varie parti del mondo.
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LE FORME SOLIDIFICATE DELLA SPIRITUALITĄ
Ha trascorso l'infanzia a giocare in riva al torrente della Val d’Arda, raccogliendo i sassi e studiandone le forme.
Sin dalle sue prime composizioni ha testimoniato il suo rapporto con la natura, che è intimo e profondo. Prima
di affrontare l’apollinea ricerca plastica di Ugo Borlenghi, è necessario, quindi, parlare della sua essenza
umana, quella di un poeta della forma, che opera nella convinzione che il visibile celi segreti captabili solo nel silenzio
della meditazione e dell’interiorità. Posso, ad esempio, affermare la dolcezza di carattere dell’uomo, dietro un aspetto
solare che rivela tracce di malinconia. Riservato e in apparenza solitario e meditativo, egli non trova tanto ispirazione nel
mito, quanto piuttosto in una poetica immanente, legata alla terra e all’energia che si cela nella pietra. Ogni suo lavoro,
esteticamente emblematico, ricorre con sapienza a un’esperienza estatica che lo porta a ricreare l’opera della natura, tendendo
a una puristica perfezione. Fra le quattro pareti del suo studio di Fiorenzuola, Ugo Borlenghi ritrova la giusta
atmosfera per portare sotto una luce e una diversa prospettiva i suoi reperti di pietre scoperte lungo il fiume. Tra lui e il
masso già formato dall’aria, dall’acqua e dal tempo intercorre una sorta di dialogo ininterrotto con la materia, che traspone
simbolicamente, animandone di nuova vita la solenne staticità. L’osservatore si trova di fronte a opere astrattoinformali
che trasmettono un senso di innocente purezza. Ben si applica anche a lui quello che diceva lo scultore Constantin
Brancusi: la semplicità non è una meta nell’arte, ma un artista la raggiunge suo malgrado quando si avvicina al
senso reale delle cose. Ed è con questo assioma che si può sintetizzare l’esperienza di ricerca di Borlenghi, un esploratore
di corpi e superfici lucidamente significative nella loro sinteticità formale che già preesiste nella loro stessa natura.
Una volta compiuta la scelta della massa pietrosa che corrisponde a un suo richiamo interiore, egli ricompone il volume
in un calco per preparare la fusione in bronzo a cera persa. Fortemente teso al significato spirituale del suo lavoro, è lui stesso a dichiarare che la forma interna e vuota del bronzo, è identica a quella esterna e piena che preesiste in natura.
Quando l’uomo l’avrà consumata, manterrà in sé quella stessa forma interna come un’icona spirituale e si amalgamerà
nell’universo. Così definisce se stesso e il suo lavoro: le mie sculture sono degli archetipi. Per questo motivo egli preserva
la purezza originaria della forma, giocando sulle variabili cromatiche della superficie. I suoi lavori sono densi e
pesanti, ma straordinariamente leggeri alla vista. Artista di una moralità assoluta, Borlenghi non lavora di scalpello, e
solo in alcuni casi ha tradotto nel legno la semplicità primaria di queste sue apparizioni totemiche. Le sue Forme silenti
fuse nel bronzo, invece, non le tocca, affidando il gesto creativo al calco e alla coloritura della superficie. Queste composizioni
si basano sempre su due forme che attuano un dialogo simbolico, giocando ruoli diversi: la pietra di base rappresenta
l’immanenza, mentre l’altra punta in altezza significando la trascendenza e l’aspirazione a una dimensione
metafisica. Le due parti della scultura suggeriscono nel loro insieme la possibilità di ricomposizione di un’unità spezzata.
Una visione religiosa quindi, che prende corpo dal corpo stesso del mondo, riconciliando così l’uomo e la natura.
Ci si trova di fronte a una ricerca che si attesta su una sperimentazione a carattere squisitamente spirituale, che non plasma
la materia, preferendo piuttosto riferirsi alle verità nascoste nell’essenza stessa della pietra, compiendo una presa
d’atto della perfezione del creato. Armonia, ordine, esatte proporzioni e semplicità strutturale, ne rappresentano gli elementi
stilistici determinanti. In questo senso le Forme silenti rappresentano lo specchio di una dedizione assoluta a un
pensiero plastico, che si trasforma in meditata preghiera tridimensionale.
Prof. Paolo Levi
Critico e storico dell'arte
TRANSLATION
THE SOLIDIFIED SHAPES OF SPIRITUALITY
He spent his childhood playing on the banks of the mountain stream in the Val d’Arda, collecting stones and studying their
shapes. His first artistic compositions reflected his relationship with nature, which is deep and intimate. Before tackling
Ugo Borlenghi’s classical works of sculpture, it is essential to talk of his human essence, which is that of a poet of form, operating
in the conviction that the visible conceals secrets that can be prised out only in the silence of meditation and interiority. I can, for
example, confirm the sweetness of the man’s character, behind a bright appearance that shows traces of melancholy. Reserved
and apparently solitary and contemplative, he finds inspiration not so much in myth, as in an immanent poetic quality, linked to
the earth and to the energy concealed in stone. His works are aesthetically symbolic, and each one harks back sensitively to an
ecstatic experience that leads him to recreate the work of nature, aspiring to a purist’s perfectionism. In the closed area of his
studio in Fiorenzuola, Ugo Borlenghi finds the right atmosphere to bring the stones he discovered along the riverbank into a
different light and perspective. There is a sort of ongoing dialogue between himself and these masses previously created by air,
water and time, and he symbolically transposes the material, giving new life to its solemn, static quality. The viewer finds himself
looking at abstract-informal works that transmit a sense of innocent purity. The words of the sculptor Constantin Brancusi can
well be applied also to Borlenghi: “Simplicity is not an aim of art, but an artist achieves it in spite of himself when he approaches
the real sense of things”. And this maxim could well sum up Borlenghi’s experimental work: he is an explorer of bodies and
surfaces with clear significance in their formal terseness, which already exists in their very nature.
Once he has made his choice of the stone masses that correspond to his inner yearning, he recomposes the volume in a mould to
make a fusion in a cire perdue bronze casting. Highly devoted to the spiritual meaning of his work, he himself has declared that
the internal, empty shape of the bronze is identical to the external, full one that already existed in nature. When man has worn it
down, it will maintain within itself the same internal shape like a spiritual icon and will blend into the universe. He defines
himself and his work thus: my sculptures are archetypes. This is why he preserves the original purity of the shape, playing on the
chromatic variables of the surface. His works are dense and heavy, but extraordinarily light to look at. As an artist, Borlenghi
abides by his own code of morals: he does not work with a chisel and in only a few cases has he translated the primary simplicity
of these totemic apparitions into wood. He does not touch his Forme silenti cast in bronze, leaving the creative gesture to the
mould and the surface colour tone. These compositions are always based on two forms that carry out a symbolic dialogue,
playing different roles: the base stone represents immanence, while the other reaches upwards, signifying transcendence and
aspiration to a metaphysical dimension. The two parts of the sculpture together suggest the possibility of recomposing a
shattered unit. This is therefore a religious vision, taking its form from the very form of the world and thus reconciling man and
nature. We are here looking at work based on experimentation of an exquisitely spiritual nature, which does not mould the
material into shape, but rather prefers to relate to the truths hidden in the very essence of the stone and realise the perfection of
creation. Harmony, order, exact proportions and structural simplicity: these are the all-important stylistic elements. In this sense, the Forme silenti reflect an absolute dedication to a sculptural idea, which transforms itself into a carefully meditated, threedimensional
prayer.
Prof. Paolo Levi
Critico e storico dell'arte
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