LE VOCI DEI SEGNI
Per Viviana Faiola, ogni composizione rappresenta una nuova esperienza spirituale, riflesso del suo notevole
istinto vitale. Prima di applicarsi alla pura gestualità – una misteriosa traiettoria di segni e di colori – ha iniziato
con l’espressività figurale, intuendola come stagione del tutto provvisoria. È tuttavia illuminante riandare ai
paesaggi del passato: erano agglomerati di case piramidali, molto scuri; un insieme di immagini caratterizzato da una
ricerca cromatica che andava dal rosso all’ocra, colori espressivamente molto intensi, ma chiusi e severi. In quel periodo
di espressività preinformale l’artista tendeva già a superare pittoricamente la progettualità del disegno preparatorio,
applicandosi soprattutto a definire il suo stile attraverso una stesura primaria e decisa. I suoi segni avevano un tracciato
rapido, che preludeva già all’astratto-informale: la rappresentazione non era mai netta, alcune zone erano liricamente
sfumate, altre marcate con forza. Erano gli anni dell’apprendistato all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove ha
incontrato i maestri che l’hanno formata, dandole fiducia in se stessa. Di Gentilini e Maccari Viviana Faiola ricorda, del
primo, la generosità dei consigli e degli incoraggiamenti, e del secondo, la personalità vivissima e carica di simpatia,
ma soprattutto l’incredibile energia che metteva nel lavoro. Ed è su queste premesse, quelle cioè di un colto magistero
e di una lezione di rigore formale, che va compresa l’attuale ricerca di questa artista, che nulla più concede alla riconoscibilità
dell’immagine.
Si tratta oggi di una pittrice che, considerando ormai superato il messaggio della figurazione, opera con gesti depurati e
istintivi. Non costruisce quindi il quadro; si può dire piuttosto che l’opera nasce in lei da un impulso profondo, conducendola
a esprimersi attraverso un gesto liberatorio e del tutto privo di oppressioni mentali. Come da un continuo e misterioso
sortilegio, Viviana Faiola porta alla superficie spazi e profondità, inni alla luce, masse, volumi, forme decise e liberatorie,
sciabolate di colore, che alludono all’utopia di un universo irraggiungibile, eppure conoscibile. Sono gesti, emozioni cromatiche,
dove il rosso, il giallo, il blu e il nero si sovrappongono in modo sinfonico, al di fuori persino dallo stato di coscienza
della pittrice, che ritrova se stessa solo nella misura dell’automatismo del proprio gesto. Seguendo il percorso di questi
spazi che si alternano gli uni sugli altri, si incontra un colloquiare a volte aspro tra luci ed ombre, in un’inedita tipologie di
volumi che si aprono e si rinchiudono all’infinito. La pittrice è ben accorta nel lasciare, sul fondo della composizione, un fulgore
chiaro, su cui si innesta la ricchezza degli interventi più scuri che ben si coniugano alle sciabolate successive di rosso
o di turchese. Mettendo anima e corpo nelle sue opere, dà vita alla composizione senza nulla concedere a inutili virtuosismi
estetici. Anzi, pervenuta a una certa soglia del lavoro si arresta, avvertendo quanto sarebbe errato aggiungere ancora
qualcosa alla compiutezza della sua istintualità. Il suo stato d’animo è pressoché astratto quando si applica alla mistura basilare
della tavolozza. Si ha pertanto la sensazione di trovarsi di fronte a una ricerca sempre ben motivata e intrisa di suggestioni,
dove corpi informi e aperti tracciano labirinti e spirali, dove lo sguardo dell’osservatore si perde e si allarga oltre i
confini stessi del quadro, per cogliere la magia poetica di un oltre di complessa decodificazione. Non a caso l’autrice rifiuta
la cornice al quadro, per non mettere limiti che potrebbero costringere e opprimere la visuale, impedendone l’espansione.
Distaccata dalle cose tangibili, Viviana Faiola opera attraverso un forte rapporto fisico con il colore, in una dimensione inedita,
producendo effetti compositivi che rivelano il raggiungimento di un equilibrio maturato attraverso una ricerca liberatoria,
e quindi depurato da tensioni esistenziali che potrebbero compromettere la felicità delle sue cromie.
Prof. Paolo Levi
Critico e storico dell'arte
TRANSLATION
THE VOICES OF SIGNS
For Viviana Faiola, each composition represents a new spiritual experience, and a reflection of her considerable vital instinct.
Before applying herself to pure gestural art – a mysterious system of lines and colours – she started with figure expression,
seeing it as just a temporary phase. It is nevertheless enlightening to go back to those past landscapes. These were groups of very
dark, pyramidal houses, a complex of images characterised by the use of colours ranging from red to ochre – very intense colours,
but stern and unyielding. During that period of pre-informal expressiveness, the artist, in her painting, was starting to omit the
planning stage with the preparatory drawing, and was applying herself above all to defining her own style in an initial, decisive
version. Her lines were drawn rapidly, and already showed signs of her abstract-informal style. The representation was never clear:
some areas were lyrically indistinct, while others were strongly marked. Those were the years of her apprenticeship at the Rome
Fine Arts Academy, where she met the masters who trained her and gave her confidence in herself. Viviana Faiola remembers
Gentilini and Maccari – the first, for his generous advice and encouragement and the second, for his lively, highly sympathetic
personality, but above all for the incredible energy he put into his work. It is in the context of these beginnings, with learned teachers
and a strict, formal education, that we should appreciate this artist’s current work, which now gives little importance to the
recognisability of the image.
Today, she is a painter who considers the message of figuration by now out of date, and works with refined, instinctive strokes. She
does not construct the painting, but we could rather say that the work is born from a deep impulse within her, leading her to express
herself through a liberating action that is completely lacking in mental struggle. Viviana Faiola brings to the surface spaces and depths
that appear to come out of some constant, mysterious witchcraft; these are hymns to the light, masses, volumes, definite, liberating
forms, swathes of colour that allude to the ideal of an unreachable, but nevertheless recognisable, universe. They are actions, emotions
of colour, where red, yellow, blue and black are superimposed like a symphony, even outside the consciousness of the painter, who
feels at ease only in the automatism of her own movements. Following the line of these spaces that alternate with each other, we come
across a conversation – sometimes harsh in tone – between light and shade, in new types of volumes that infinitely open and close.
The painter very wisely leaves, in the background of the composition, a radiant light, onto which are grafted the rich, darker parts
that combine well with the subsequent swathes of red or turquoise. By putting her heart and soul into her works, she brings her
compositions to life without resorting to useless aesthetic virtuosity. On the contrary, when she arrives at a certain threshold in the
work, she stops and realises how wrong it would be to add anything more to the completeness of her instinctive creation. Her state
of mind is almost abstract when she applies herself to mixing the basic colours of the palette. We have the feeling of looking at a work
that is always well motivated and imbued with suggestions, where shapeless, open bodies trace labyrinths and coils, and where the
gaze of the viewer gets lost and extends beyond the borders of the picture itself, to the poetic magic of a beyond that is difficult to
decode. The painter quite deliberately refuses to have frames on her pictures, so as not to place limits that might constrain and oppress
the line of vision and prevent it from expanding. Detached from tangible things, Viviana Faiola works through a strong, physical
relationship with colour, in a completely new dimension, producing effects in her composition that show the achievement of a balance
acquired through a liberating activity, and then purged of existential tensions that might compromise her well-chosen colour tones.
Prof. Paolo Levi
Critico e storico dell'arte
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